Recorded live at Orchard Hall, Tokyo, 1996 Keith Jarrett , piano - Gary Peacock, bass Jack De Johnette, drums Registrato dal vivo in Giappone Orchard Hall, questa performance del musicista Keith Jarrett a fianco il bassista Gary Peacock e il batterista Jack de Johnette offre alcuni dei brani di maggior successo della loro carriera. Tra le canzoni incluse sono "My Funny Valentine", "Può succedere anche a te", "Mona Lisa", "Never Let Me Go", "Il cielo dei Caraibi" e "Abbazia di Giovanni."

Quando Bruce Lundvall e Michael Cuscuna decisero di fare rivivere la storica Blue Note nel 1985, venne organizzato un concerto alla New York Town Hall per celebrare degnamente l'evento. Al concerto parteciparono alcuni dei più famosi nomi del jazz, oltre ad uno piccolo gruppo di artisti appena entrati nella prestigiosa etichetta. In quella notte di febbraio per oltre tre ore i grandi del jazz si esibirono uno dopo l'altro in una lunga serie di classici estratti dal catalogo della Blue Note rendendo questo evento, a detta di molti, la più grande serata jazz di tutti i tempi!

18 anni dopo Elwood Blues (Aykroyd) esce di prigione. Suo fratello Jake (Belushi) è morto e la loro orchestra non c'è più. Se n'è andato anche Curtis, loro padre spirituale, lasciando un figlio poliziotto duro e puro. Insieme con un nuovo partner, il gioviale Mighty Mack McTeer (Goodman) e con Buster, orfanello di 10 anni (Bonifant), Elwood si rimette in marcia. Dovrà fare i conti con la mafia russa. Tentativo parzialmente riuscito di continuare un film di culto che nel 1980, con L'aereo più pazzo del mondo inaugurò il genere “catacomico”: ludico, demenziale, goliardico, frenetico, buffonesco, tutto ma non rassicurante e mistificatorio. Quel che c'è di divertente è già visto e quel che ha di nuovo non diverte. C'è tanta musica, d'accordo. Troppa.

Quattro giganti del sassofono tenore - tra cui il leggendario John Coltrane - sono presenti in questa collezione di rare esecuzioni registrate negli anni '60. Girato per la serie televisiva Jazz casual, che è stato ospitato dal grande jazz scrittore Ralph Gleason, John Coltrane: Quattro Tenori caratteristiche Coltrane e il suo gruppo (con Elvin Jones e McCoy Tyner) dal 1963, Ben Webster (con Jimmy Witherspoon e Vince Guaraldi) dal 1962, Charles Lloyd (accompagnato da Keith Jarrett e Jack de Johnette) nel 1968, e di Sonny Rollins (unite da Jim Hall e Ben Riley) nel 1962.

Per la prima volta questi quattro grandi musicisti, ognuno dei quali ben noto agli appassionati di jazz e non solo, si sono uniti per formare una jazz band che nessuno avrebbe mai sperato di vedere. Si sono esibiti in un tour mondiale, con concerti sold out in Canada, Europa, Giappone e Stati Uniti. Il 23 Giugno 1990 questo straordinario gruppo si è esibito con due concerti al Mellon Jazz Festival at the Philadelphia Academy, entrambi filmati ed in seguito montati in modo da creare questo video, perfetto esempio della loro vita in tour. Tutte le canzoni sono state selezionate con grande cura; sono incluse "Shadow Dance", un originale di Dave Holland, "Blue", un originale di Jack DeJohnette, e "Cantaloupe Island", il numero di chiusura, un pezzo di Herbie Hancock degli anni '60.

Attraverso interviste, riprese live di concerti, materiali di repertorio e, soprattutto, la musica, il documentario diretto racconta la vita e la carriera di un artista leggendario, capace di attraversare i confini tradizionali ed esplorare nuovi territori.

Il DVD riprende gli artisti in studio, pianoforte è armonia e ritmo con passaggi di interplay, nella miglior tradizione di Tyner; il disegno melodico è lasciato ai solisti della chitarra, che personalizzano i brani. Con Scofield prevale certamente la fusion, con trame a tratti forse troppo prolisse. Con Ribot emerge un carattere più avant, che Tyner compensa con una base tonale chiara. Fleck dà vita a una simbiosi molto interessante, con un banjo non banalmente tradizionale che a volta ricorda il sitar indiano e introduce contaminazioni sonore molto moderne. Frisell introduce timbri quasi “new age”, fluidi, a tratti narcotizzati, basati su arpeggi più che su passaggi melodici; forse è l’artista con cui Tyner riesce a fondersi meglio, riducendo la separazione tra accompagnatore e solista. Con Trucks i brani hanno tutto sommato meno personalità; Greenslaves è un traditional riprodotto in chiave di divagazione divertita.